Dopo di noi… che cosa?

Articolo a cura di Luciano Zanin e Guya Raco, pubblicato originariamente sulla rivista “La Rosa Blu” di dicembre 2020, periodico a cura di ANFFAS Nazionale

 

Eh già, dopo di noi cosa succede?

Non ci si sta riferendo esclusivamente al tema della garanzia che i nostri cari, figlie e figli, fratelli e sorelle, nel momento in cui non ci fosse più qualcuno della famiglia a occuparsene, possano avere tutto ciò di cui hanno bisogno. E non ci riferiamo solo ai servizi, ma anche a quella qualità della vita alla quale tutti noi aspiriamo e che è giusto che possa essere garantita o almeno perseguita per tutti.

In queste poche righe vorremo allargare il discorso ad un “Dopo di Noi” più generico, perché comunque sia, il “Dopo di Noi” riguarda tutte le persone e non solo quelle che sono interessate da situazioni particolari come quelle che conosciamo.

Allora come affrontare questo tempo che viene dopo il nostro tempo?

Lo ammettiamo, forse l’abbiamo presa un po’ larga, ma il tema dei lasciti, e non ci riferiamo solo a quelli di consistenza economica, ma a tutti i lasciti, a qualunque “cosa” chiunque decida di lasciare, compreso un ricordo di sé o un esempio.

Ma andiamo con ordine, se ci prendiamo il tempo di andare a ripassare il significato della parola “lasciare” scopriremo che significa “smettere di tenere”… “far restare una cosa o una persona in un luogo”“non togliere”“consegnare una cosa allontanandosi”… (fonte Treccani) ed è proprio su questo che abbiamo bisogno di riflettere, perché il tabù sembra proprio coincidere con il “separarsi dalle cose e dalle persone”, ci è così difficile pensare a questo che non ne vogliamo nemmeno sentir parlare, ma ahimè, è inevitabile.

Quindi la domanda che dovremo porci è se sia meglio governare questo processo e quindi decidere del “dopo di noi”, finché ne abbiamo le possibilità, o subire passivamente i fatti che inevitabilmente accadranno. E ancora, per i nostri familiari non è meglio forse che le cose siano “sistemate” prima piuttosto che lasciare alla legge il compito di fare queste scelte? E infine, che cosa potremo ancora fare dopo la nostra dipartita da questa vita? Come potremmo ancora essere utili ed essere magari anche per questo ricordati da chi verrà dopo? Insomma chi l’ha detto che con la fine della vita, almeno così come la conosciamo, finiscono anche le nostre opportunità di fare qualcosa di buono?

La risposta a queste domande la si trova nello strumento del testamento, quell’atto cioè che solo apparentemente è collegato alla morte, ma che in realtà può far continuare a vivere le persone nelle opere.

Il tema dei lasciti testamentari e delle eredità o legati, che da questi ne possono derivare, è uno degli argomenti sempre più trattati da coloro che si occupano di reperire risorse economiche da destinare a progetti di utilità e solidarietà comune, ma parlare di testamento, nel nostro Paese risulta sempre un pochino ostico, se non proprio un tabù.

È comprensibile come il testamento venga collegato alla morte e sta in questa ragione la scarsa propensione diffusa a fare testamento.

Ci sono due aspetti da considerare, il primo è di natura culturale e il secondo di natura giuridica, per questo sono davvero pochi gli italiani che redigono le proprie volontà per quando non ci saranno più. GFK Eurisko (statistica del settembre 2018) stima che siano il 5% degli ultra 50enni coloro che hanno “disposto” e che il dato sia in aumento è palese (era il 2% nel 2013), anche se non si può fare a meno di notare che ha sicuramente ancora grandi margini di miglioramento.

C’è sicuramente da notare come le recenti vicende pandemiche che stanno caratterizzando il nostro tempo abbiano da questo punto di vista smosso un po’ i pensieri di tante persone, Testamentosolidale.org registra un aumento sensibile delle persone che si dicono disponibili sia a fare testamento che a prevedere in esso un lascito o un legato a favore di una non profit, rimane comunque una quota minoritaria quella delle persone che fanno testamento, anche se si è passati da un 9% circa del 2015 (Fonte: Richard Radcliffe with Lisa MacDonald, “The State of LegacyGiving in 2015”, Civil Sector Press – Canada) al 20%  del dato rilevato a fine giugno 2020 da Walden Lab per conto del Comitato Testamento Solidale, un grande risultato, ma c’è ancora molta strada da fare.

Vi è poi un altro dato che fa riflettere ed è la ricerca effettuata da Fondazione Cariplo, pubblicata nel dicembre 2016, riguardante lo stock di ricchezza disponibile per attività di solidarietà e beneficienza stimato in oltre 800 miliardi di €uro entro il 2030, al netto delle quote “dovute” agli eredi legittimi.

Se a questo, poi, uniamo il trend demografico del nostro Bel Paese, di un Paese a rapido invecchiamento, ed ora ci si è messa pure la pandemia, ci si rende conto di come vi siano una quantità di risorse che potrebbero sicuramente essere decisive per la qualità della vita di moltissime persone, se chi le possiede disponesse un legato o un lascito a favore di organizzazioni del Terzo Settore che se ne potrebbero prendere cura.

La riluttanza a discuterne ed a parlarne porta con sé inevitabilmente una serie di luoghi comuni e una superficiale conoscenza delle norme che regolano la successione. Se da una parte è pur vero che il Codice Civile e le altre fonti normative tutelano e regolano i diritti degli eredi legittimi, e non solo, è pur vero che in ogni situazione si può disporre di parte delle proprie sostanze e quindi decidere di devolverle ad attività per il bene comune.

Tra i più diffusi luoghi comuni: fare testamento costa! Non è vero, può essere fatto senza alcun costo se si sceglie la forma olografa. Il testamento non si può cambiare! Non è vero, ogni testamento successivo annulla quello precedente e lo si può modificare ogni volta che si desidera. Ci penserò quando sarà il momento… potrebbe essere troppo tardi!!!

Fare testamento è invece non solo un atto di responsabilità verso i familiari e verso la comunità, ma anche l’opportunità (da cogliere senza dubbio) di disporre delle proprie risorse una volta terminata l’esistenza terrena. Perché mai lasciare che questo sia deciso da altri, dalla normativa o dal caso?

Infine, è anche la possibilità, data ad ognuno di noi, di poter essere ancora utili alla comunità dopo la dipartita, mettendo a disposizione risorse, non importa quante, per dare una mano a coloro che rimangono e che, magari, potranno anche conservare un buon ricordo.

Vi è forse qualcosa di più bello e sensato?

 

Photo di copertina: Benjamin Davies on Unsplash

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