Ventotto Ottobre dell’anno 2000, l’anno del grande Bug, l’anno che non doveva esserci (mille non più mille), l’anno in cui Nostradamus aveva detto Stop, e i Maya con lui, così almeno pensavamo noi, e invece di tutto questo disastro, nel mese decimo di quell’anno, sette impavidi (Alberto Masacci, Roberto Sammarchi, Valerio Melandri, Rita Girotti, Paolo Venturi, Valeria Vitali, Giorgio Domenico Castoldi in rigoroso ordine da Atto Costitutivo), costituirono l’Associazione Italiana dei Fundraiser. Onore al merito!
Era il tempo in cui Fund Raising si scriveva ancora staccato e, lo confesso, non sapevo nemmeno bene che cosa significasse quel termine, la potenza di quello che stava all’origine: il dono.
Io sono arrivato un pochino dopo all’Associazione, anche se bazzicavo già dalle parti della Biblioteca Ruffilli dal 1999, perché sembrava una cosa che non mi riguardasse del tutto, ero un dirigente di una Non Profit, non un Fundraiser vero e proprio, mi occupavo di tutto, come di solito si usa nelle piccole Organizzazioni. Da allora, però, non me ne sono più andato.
Ho sempre considerato ASSIF la mia e la nostra casa, il luogo dove si poteva respirare una boccata di ossigeno rispetto ai luoghi in cui lavoravo che non offrivano grandi spunti o opportunità di crescita professionale in questo senso. Le riunioni, le prime comunicazioni, la possibilità di vedere, attraverso colleghi più esperti e più bravi, come potevano essere fatte le cose, come si poteva “cambiare il mondo” era davvero rigenerante e lo è tutt’ora.
C’è stato sicuramente anche un momento in cui non l’ho sentita così vicina, forse perché ero impegnato più a consolidare una posizione lavorativa e quindi un po’ meno disponibile ad investire nell’Associazione, un po’ forse anche perché in quegli anni c’era un grande divario tra le grandi Organizzazioni, e i relativi modi di fare Fundraising, e gli Enti che cominciavano a concepire il Fundraising “in provincia”. Non per questo, però, ho mollato l’associazione, ci sono sempre stato dentro, convinto che – sia come consulenti sia come Fundraiser interni – avessimo un gran bisogno di un organismo che ci rappresentasse.
A questo proposito ho chiesto al Presidente pro tempore, l’amico Nicola Bedogni, se le Associazioni di Categoria professionali hanno ancora un senso in questo tempo e questa è stata la sua risposta:
Così come una goccia d’acqua da sola è solo una goccia, ma migliaia di gocce formano un’onda di tsunami, un Fundraiser da solo non può nulla, ma migliaia di fundraiser sotto un cappello comune possono fare una rivoluzione culturale, economica, sociale, civica.”. È vero che le categorie nel mondo in divenire che viviamo sono sempre più fluide, ma se ammettiamo che tra le peculiarità principali delle associazioni di categoria c’è la condivisione di fini comuni, allora assumono un significato in quanto terreni di relazione che nella adesione, nell’impegno e nella compartecipazione permettono agli associati di definire, ribadire e proteggere la propria identità. E credo sia ancora più vero per categorie in cui la parte professionale non può prescindere da una forte componente ideale. Penso ai giornalisti, agli avvocati, ai medici e tra queste professionalità penso anche ai Fundraiser, tutte categorie guidate da un movente ideale che necessita di un codice etico di comportamento che solo all’interno di un’Associazione di rappresentanza può essere condiviso e difeso. Per i Fundraiser vale ancora di più, in quanto neo-professione, diamante grezzo e poliedrico che sta ancora prendendo la propria forma professionale definitiva. “E’ un modo concreto per non sentirsi come una particella di sodio in una bottiglia di acqua Lete.
Sono davvero contento di questa risposta di Nicola che mi rincuora e mi motiva a continuare non solo a sostenere l’Associazione, ma ad investire su di essa.
Sono stato anch’io Presidente per un paio di mandati e, se non avete ancora fatto una simile esperienza, in una Organizzazione piccola o grande che sia, provateci, candidatevi. Io l’ho fatto con un nugolo di colleghi in quel di Castrocaro, nel 2011, un anno difficile per l’associazione, una Assemblea in cui scarseggiavano i candidati Consiglieri, ma è stata anche l’Assemblea, che almeno a mio parere, ha segnato un giro di boa dell’Associazione.
Anche ASSIF, come tutte le Organizzazioni, ma come anche i team sportivi, vive di cicli, a Castrocaro, quell’anno, cominciò un nuovo ciclo, che si sta ancora sviluppando con un crescendo di persone che vi si dedicano e aumentano la qualità del pensiero e delle azioni.
Oltre all’attività a favore della crescita del settore e della professione, uno dei temi che sempre più mi ha incuriosito è stato il punto di vista delle Organizzazioni Non Profit nei confronti di ASSIF.
Sia quando ero Presidente, ma anche oggi, mi chiedo spesso come gli enti del Terzo Settore vedano questa Associazione che da una parte è sicuramente utile per far crescere i “loro“ Fundraiser e dall’altra è anche un interlocutore per i “loro” dipendenti.
Nei sei anni di presidenza ho ricevuto concrete e fattive testimonianze da parte di Direttori e Dirigenti di importantissime Organizzazioni italiane che, nei momenti più critici, non hanno mai fatto venir meno il proprio apporto. La maggior parte delle ONP, tuttavia, non si è sbilanciata nel dire o fare qualcosa per o con ASSIF.
Anche a questo proposito ho chiesto a Nicola Bedogni il suo punto di vista, ecco la risposta:
Caro Luciano, potrei liquidarti dicendo che bisognerebbe chiederlo a loro. In realtà è una domanda che ci interesse molto, perché, pur rappresentando ASSIF solo i Fundraiser, in realtà le ONP sono e devono essere degli interlocutori di primo piano per l’Associazione. La domanda dovrebbe partire da cosa pensano le ONP dei Fundraiser che lavorano per loro? E ancora prima, cosa si immaginano sia il Fundraising? Ogni volta che si afferma una professione nascente, il processo di riconoscimento è lungo, paradossalmente anche per chi quella professione la pratica. Oltre a porci la domanda, da qualche anno abbiamo attivato un progetto “Memorandum delle ONP” che cerca proprio di facilitare una risposta. Il progetto mira a coinvolgere le Organizzazioni Non Profi,t cercando di capire da loro come percepiscono ASSIF e come ASSIF può supportarle partendo da un primo impegno condiviso sulla figura del Fundraiser che non deve essere pagato esclusivamente a percentuale.
Sul pezzo il nostro Presidente!
Noi di Fundraiserperpassione siamo davvero molto convinti che ASSIF sia un valore aggiunto per tutti coloro che si occupano di Fundraising e soprattutto per coloro che desiderano essere Fundraiser: l’abbiamo sostenuta in passato in tutti i modi che avevamo a disposizione e continueremo a farlo in modo sempre più co-operativo, perché ci piace e ce n’è bisogno.
Ho due desideri da esprimere nel momento in cui tutti insieme soffiamo sulle 20 candeline della torta di ASSIF.
Il primo riguarda il mondo del Non Profit e le comunità che serve. Mi piacerebbe davvero che si comprendesse appieno il ruolo che questi “attivatori e collettori di risorse”, umane prima ancora che economiche, possono svolgere non solo per i singoli Enti, ma per le comunità, attraverso la promozione dello strumento del dono come partecipazione attiva e efficientamento del funzionamento della società. Arrivo serenamente a dire che i Fundraiser svolgono un ruolo culturale e sociale, prima ancora che economico, e questo, almeno le ONP, dovrebbero comprenderlo appieno e investire di più in questo senso.
Il secondo desiderio è che i Fundraiser, almeno i duemila dell’ultimo censimento (grazie a chi l’ha realizzato Master in Fundraising e ASSIF), comprendessero che far parte di un’Associazione è molto di più che avere dei servizi: è la condivisione non solo di un’idea, ma di una visione di comunità.
Non è più il tempo dei free raider, è il momento di impegnarsi, in prima persona, questo tempo è faticoso, impegnativo, complesso, ma anche pieno zeppo di opportunità e ASSIF ne rappresenta una di grande per tutti noi.
Auguri a questa nostra giovane Organizzazione e un grazie a tutti coloro che nel Consiglio e nei Gruppi Territoriali si impegnano al massimo per proporre qualcosa di interessante, utile e divertente.
Oltre ai miei personali auguri, unisco quelli di tutta la Fundraiserperpassione srl, ma non prima di aver posto al nostro Presidente l’ultima fatidica domanda, quella a cui tutti noi pensiamo, ma che non sempre abbiamo l’opportunità di porre: “Ma chi te l’ha fatto fare? E recidivo per giunta…!?”
Mi verrebbe da dire “Senti da che pulpito” o per dirla più poetica “ecco l’Asino che dà del Somaro al Ciuco”. In realtà come tutti i Fundraiser sanno, il Fundraising è una malattia potentissima e, come l’innamorato o il tifoso, il Fundraiser spesso compie gesti che non possono e non devono avere spiegazione razionale.
Chapeau, Président!
Luciano Zanin
Fundraiser