Siamo tutti un po’ storditi da questo periodo strano, cominciato con un po’ di scetticismo rispetto a quello che non conoscevamo ancora e fino a piombare nella realtà quotidiana odierna dentro alla quale ci siamo adeguati velocemente, digitalizzandoci come se non ci fosse un domani (che invece ci sarà e sarà pure interessante anche se impegnativo).
L’ultimo mese è stato caratterizzato da campagne di raccolta fondi, da webinar che dispensano consigli e strategie, slide e schemi che elaborano tecniche più o meno attuali, casi di raccolta fondi che a te che sei un fundraiser umano ti fanno sentire sempre un po’ inadeguato, sempre un po’ indietro, in perenne rincorsa, con il fiato corto perché non sei abituato a questa velocità, anzi direi che non fa per te questa velocità.
E te ne accorgi in particolare quando un giorno, tua moglie infermiera torna a casa, alle 21,45 di una domenica, dopo 25 giorni di lavoro continuativo e ti dice: sono positiva! Cerchi subito di sdrammatizzare, “dai bene, anche io penso che le cose si risolveranno per il meglio”. Il suo sguardo però è una via di mezzo tra la comprensione e la compassione.
Ecco, arrivato il Covid-19 in casa Zanin, negli ultimi due anni abbiamo ospitato spagnoli, indonesiani, honkonghini, e ora ospitiamo anche Mister Covid. Vabbè, ci si organizza: sposta un letto, isola un stanza, dividi i bagni, e così via. Vita da separati in casa, anche se si cerca di non perdere il buonumore. Poi però, tempo 5/6 giorni, perché non è il tampone che determina le date del contagio, ti accorgi che ci sei dentro.
Eh si, febbre, tosse, mal di gola, perdita del gusto, malessere generale, in particolare arti inferiori e schiena, mal di testa. Allora prenoti il tampone, contatti il medico di famiglia, e vedi di sopravvivere, perché come sempre ci si ammala nei festivi o prefestivi.
Tampone 7 aprile ore 8,20 ospedale di Vicenza. Posso uscire. Sono in isolamento fiduciario ma posso prendere la macchina e fare 12 km… compilo con emozione la mi autodichiarazione, è un mese che non guido e per uno abituato a fare 6.000 km al mese, è quasi una festa. Arriviamo in Ospedale 5 minuti ed è tutto fatto. Torno verso casa, immagino l’esito, ma sai, fino a quando non è scritto nero su bianco, uno cerca sempre di distorcere la realtà. Niente da fare, alle 18 arriva la telefonata (davvero efficiente il servizio): Positivo.
Ecco, e adesso?
Oh cazzo! Una quantità di pensieri che si sovrappongono: maschio, 54 anni, 6 anni fa ho avuto un problema neurologico, (lo so che non centra, ma quando stai così metti insieme tutto), sono un ex fumatore, vero che ho smesso 22 anni fa, però il Covid non lo sa; avevo tutte le mia call conference da fare, appuntamenti con colleghi e clienti, testi da scrivere, libri da leggere, webinar da ascoltare, ah, poi devo procurarmi un saturimetro, internet consegna ai primi di maggio. Impossibile; quindi via alla rete delle relazioni e dopo 15 minuti il saturimetro è trovato e prestato.
Poi un po’ alla volta tutto questo si offusca e i contorni delle giornate diventano confusi. Il team dei Fundraiserperpassione trasformer si organizza. Assume una formazione diversa, guidato da Laura, la direttrice, cambia assetto, i singoli pezzi (i preziosi amici e collaboratori) si modificano e trovano il loro spazio in un ordine da combattimento diverso da quello che avevamo tenuto solo fino a due giorni prima. Velocità di risposta, flessibilità, dinamismo, idee chiare, tanto lavoro.
Era già capitato nel 2014 che avessimo bisogno di una operazione del genere, ma allora non eravamo preparati, avevamo improvvisato e ci era andata bene, oggi invece, abbiamo raccolto quello che abbiamo investito nel valore del gruppo in questi 6 anni di #secrescitucrescoanchio.
Chi è stato o è libero professionista, riesce a comprendere cosa significa questo, è un valore immenso, che va ben oltre il fatturato, che va oltre gli avanzi di gestione, che va oltre qualunque cosa e non si tratta di una rete di protezione, è molto molto di più, è una filosofia di vita, è la nostra filosofia di vita.
Le giornate passano lentamente, tra il letto, il divano, lo scandire della misurazione della febbre, la saturazione con i patemi d’animo di quando metti male l’indice e quello ti fa gli scherzi e misura 92/93 … noooo… Con queste misure si viene ricoverati, poi te la riprovi e va a 97, 98, tiri un sospiro di sollievo, ma intanto hai sudato come un cammellino, e ti rendi conto che non è paura… è terrore puro! La suspense dei soliti ignoti ti fa una pippa rispetto alla suspense del saturimetro!
Intanto la voce si sparge un po’, le colleghe sono le prime che ti mandano un messaggio, un whatsapp, una telefonata, ma non posso parlare molto, perché mi sale la tosse … shit: fermo e in silenzio… ma che peccati ho mai fatto per meritare una simile punizione. Poi ti consoli, perché tutto sommato te la sta passando a casa, altri stanno decisamente molto peggio, però è una consolazione che non dura tantissimo, con il massimo rispetto per tutti ovviamente.
Cerchi di stare un pochino sul pezzo, sbirci le mail delle colleghe che continuano a macinare lavoro, guardi un po’ i social, ma c’è davvero troppa roba, anche no… basta… ma come facevamo prima… vorresti commentare, dire la tua, intervenire, ma se la mente lavora pur a ritmo un po’ più lento, il corpo non risponde. Mi sento come il bradipo della motorizzazione di Zootropolis. La sensazione è che non sei tu. Che sei dentro ad un guscio che non ti appartiene e ti chiedi pure come hai fatto a cascarci dentro.
Passano ancora delle ore, di notte di giri a quarti come il miglior barolo solo che lo fai ogni 5 minuti e non una volta al dì; di giorno continui a vedere le campagne di raccolta fondi che macinano e ti chiedi: ma dove erano tutti questi soldi? Ma perché fino a due mesi fa, quando lo dicevamo noi, eravamo guardati come alieni. “C’è la crisi – ci dicevano – chi vuoi che ti faccia delle donazioni?”. Hai capito? Qualche mese fa si diceva “c’è la crisi!!!!”.
E poi escono milioni di €uro e soprattutto non solo quelli. Ma non è questo a cui sto pensando in questi giorni, perché che nel nostro Paese ci fossero dei gran soldi, lo sapevamo, e sono anche abbastanza “posititvo” sul fatto che non finiranno con il Covid-19, semmai il problema è la distribuzione della ricchezza, non la sua quantità. Non è tempo di polemica, è tempo di fissare dei concetti, perché magari se li diciamo adesso rimarranno un po’ più incollati nella mente e nei paper.
Provate a rispondere a questa domanda: l’ospedale di Bergamo è venuto su per il lavoro volontario di Alpini e protezione civile e di un sacco di altre persone che hanno donato il proprio tempo e le proprie competenze, o perché si sono trovati i soldi? La risposta è che i volontari (donatori) senza soldi o con pochi soldi creano tanto valore, i soldi senza volontari non producono nulla. Ma se ci arrivo io, lo può comprendere chiunque, o no?
E allora, cosa fa la differenza nella vita di una persona, in questo caso io, fundraiser positivo, mezzo scassato dal Covid-19, che ricevo un messaggio di augurio da una cooperativa sociale che mi dice che grazie a quello che ha imparato da noi, ora sono in grado di far fronte meglio a questa situazione. Oppure un whatsapp da un missionario con il quale lavoriamo e che mi dice che loro per il Virus hanno perso 8 suore e 12 missionari, ma che la messa del Giovedì Santo, la più importante dell’anno, perché è il giorno in cui Gesù istituì il sacerdozio, la dedicherà a me e alla mia salute, capite, a me che non sono nemmeno credente. “Nooo… il mio cuore è troppo piccolo per tutto questo (cit. Il Miglio verde).”
Ho ricevuto in questi giorni telefonate e offerte di aiuto da parte di almeno una decina di persone, tutte disposte a darci una mano, si perché in famiglia ora siamo 3 positivi e fino al 20 aprile siamo chiusi dentro. Hai bisogno della spesa? Vi serve qualcosa in farmacia? E badate bene, anche da centinaia di chilometri di distanza.
Fino al colpo finale, chiediamo a mia madre di farci un po’ di spesa in macelleria. I ragazzi della macelleria hanno aperto 30 anni fa perché era una grande passione del mio papà quella della norcineria e li ha agevolati, io dal canto mio, fino ai 20 anni sono sempre andato con lui a sistemare fior fiore di maialini in giro per le fattorie vicentine, roba da Albero degli zoccoli!
Diligentemente la Bianca (mia mamma) va dai I Macellai (si chiama così la loro bottega di Caldogno), fa la spesa, ce la porta, fortunatamente abitiamo a 150 mt, e quando chiedo quant’è mi risponde: No niente, Paolo (il macellaio) ha detto che questo è per Luciano, per Sonia e i ragazzi, siamo a posto così, salutameli e fai loro tanti auguri.
E daiiiiiii…. Allora volete proprio farmi piangere! Cosa che mi farebbe pure bene, ma è una emozione talmente forte che non me la concedo quasi mai.
Allora ti rendi conto cosa significa uno stile di vita impostato sul dono e sulla reciprocità, capisci che tutto quello che hai donato e che ti hanno donato ha prodotto del valore, non ne eri sicuro, e la quotidianità lo metteva costantemente in discussione, mentre i modelli di organizzazione micro e macro ti dicevano che sei si bravino, ma comunque residuale.
Confermi la scelta di andare controcorrente quando ti dicevano “Ma chi te lo fa fare”, e tu caparbiamente continuavi a crederci convinto che fosse l’unico modo in cui vale la pena di vivere e che non è solo bello, ma anche conveniente, per te e per tutti. Persino D’annunzio lo sostiene all’ingresso del Vittoriale: “Io ho quel che ho donato”, cioè, D’annunzio! Nulla di quello che è donato va disperso, nulla di quello che viene messo in circolo con lo spirito del dono viene sciupato, da una parte o dall’altra, in un luogo o in un altro, questo gesto porterà sempre a qualcosa di buono.
Perchè la gente c’è, la comunità c’è, ci sono una quantità di esperienze di questi giorni che ci dovrebbero far riflettere sul rapporto dono/donazione/donatore, perché è venuto il tempo di mettere in ordine queste parole, di dare priorità alle priorità, perché adesso abbiamo avuto modo di vedere, sperimentare, che cosa tiene insieme le nostre comunità e che cosa infonde senso alle nostre vite: dono e relazione, relazione e dono.
E lasciatevelo dire, ancora e ancora, da un vecchio fundraiser positivo che rallenta, per ora, ma appena passa, mi riunirò ai miei Fundraiserperpassione Trasformer per assumere tutti insieme un nuovo assetto da combattimento stile “ora vedi come ti cambiamo il mondo… almeno un pezzettino, perché quello che dicevano, cazzo, era vero!”
Ora torno ai miei impegni quotidiani: febbre 38,5… saturazione 97 … (fiuuuuu) … e anche sto’ giro è andata bene…
Luciano
dall’isolamento fiduciario (perché senza fiducia non si fa nemmeno questo)